Nell'intermezzo
Sospesa in un intervallo. Sono io, ma non sono più io.
“Questa è la storia di un io in divenire, e delle sue sensazioni, anch’esse in trasformazione.”
Non mi riconosco, o forse non mi conosco più, e devo darmi il tempo per scoprire chi sono diventata. Chi c’è sotto la coltre di nubi che percepisco? Non mi afferro. Sconosciuta. Ma perché? Forse mi cerco attraverso un’identità passata, ora dissolta. Forse mi aggrappo a ciò che c’era prima, come mani che tentano di afferrare la neve fresca.
Mi sento fredda, evanescente, difficile da afferrare persino a me stessa. Credo sia l’approccio il problema. Dovrei darmi tregua. Esistere nell’intermezzo della mia vita, quello che sto vivendo ora. Raggomitolata nel mio guscio, in letargo.
Questo intervallo è il momento, simbolico o meno, a seconda della stagione in cui mi trovo, per abbracciare i giorni bui dell’inverno. Rimango raccolta, nelle mie giornate. Galleggio in un fluire lento e persistente, senza sapere dove mi porterà. Non posso pretendere di avere il controllo, ma posso arrendermi amorevolmente al momento presente, ai suoi doni.
Mi sento un serpente, che muta pelle, che attende il decomponimento della sua superficie, affinché un nuovo io emerga. Il tempo di gestazione non ci è dato sapere.
Posso ancora contare sulle mie forze, anche se alle volte queste vengono meno. I giorni passano, le ore pure, ma quelle non le conto più. Sospesa nell’intermezzo dell’atemporalità, di un tempo senza inizio e senza fine. Sento che sto galleggiando nel caos onirico dei miei pensieri, dove luci ed ombre si incontrano in un connubio inebriante. Mi beo di queste sfumature, di questo sentire assopito, che crea un benessere quasi palpabile.
Fluttuo nell’intermezzo tra la veglia e il sonno. Ci sono giorni in cui mi sento rinascere; altri giorni, sento vecchie parti di me morire. A volte semplicemente mi rilasso, contemplo l’orizzonte bevendo una tazza di tè.
Mi ci perdo senza giudizio.
Attendo che la nuova me emerga, nella sua nuova forma, identità.